POETESSA CONTEMPORANEA SCOPERTA ED APPREZZATA DA ALDA MERINI. GIORNALISTA E SCRITTRICE.
lunedì 21 luglio 2025
IL SUICIDIO COME PREDESTINAZIONE DAL PUNTO DI VISTA DELL’ASSISTENZA PUBBLICA
La salute mentale è un forziere robusto, difficilissimo da aprire, ha in sé una sua forza che è la propria impermeabilità, quell’inaccessibilità che lo rende indistruttibile. Più debole, invece, rimane il passo della cura, l’andatura a tentoni intorno alla fortezza, nel tentativo di trovare una finestra aperta o una lacerazione, un’infiltrazione, per potervi accedere e così ristrutturare, pianificarne gli interventi. Spesso queste intrusioni della cura determinano al contrario il suo disfacimento o il rischio che un intero equilibrio venga compromesso. Occorre camminargli intorno con piedi spirituali, con cauto rispetto, senza presunzione. Chi sono, per siffatto scrigno seppellito in terreni sconosciuti, questi signori della cura? L’intero sistema assistenziale risente di questo profondo limite, quello della spiritualità, cementata dai camici bianchi e da una burocratizzazione che non tiene conto dei tempi degli psichiatrici. I tempi del bisogno, i tempi del dolore, della solitudine, i tempi del grido di aiuto sottovalutato. I tempi della resilienza allo sbaraglio. Il malato sopporta se stesso, viene ammonito quando si affida a comportamenti bizzarri, tacciato di egocentrismo o ignorato da una ragione sorda, una ragione collettiva che si distrae di fronte alle necessità particolari, individuali, singole.
L’estate sembra essere una stagione che accoglie il suicidio, brucia e sradica ogni tappeto d’erba, ogni malessere. Lo lascia sotto al sole, non lo irriga, rimandando il da farsi al rientro dalle ferie di tante persone. Ci sono dei momenti dell’anno in cui queste persone precipitano nell’eco di sé stesse, così il lieve rumore di una pala sul soffitto diviene insopportabile. Non possono dirlo, perché chi li ascolta li mette a tacere, mentre coloro che li ascolterebbero non sempre ci sono, talvolta sono altrove, impossibilitati a rendersi conto di quel vuoto fatale. Ed è così che qualcuno si lancia da una finestra, un numero tra tanti, l’ultimo di una lista, ma con al suo seguito molti altri. Cosa manca in questo enorme puzzle dell’assistenza pubblica? Cosa non ferma certi gesti pieni di disperazione? La mente di uno psichiatrico è come un forziere, non andrebbe aperta e indagata, ma ascoltata da fuori. Dovremmo essere pioggia leggera sulle sue maniglie esterne, sul suo lucchetto serrato, accarezzarne le pareti, abbandonando la ricerca spasmodica del suo contenuto. È quello che ho cercato di fare io con Andrea. A sfondare quel forziere non sono certo stata io. Io ho prolungato la sua pienezza dell’esistere camminandogli intorno, senza mai lasciarlo solo. Poi mi sono addormentata e l’ho perso di vista. E Andrea se ne era già andato via. Nessuno del sistema assistenziale ha tenuto conto della più piccola possibilità di rinascita. Era per tutti un predestinato, tanto sarebbe successo, prima o poi. Non è colpa di nessuno.
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psichiatrici,
suicidio
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